ORVIETO – Il Centro di Documentazione Popolare, in occasione della ricorrenza dell’eccidio dei sette martiri di Camorena, presenta una nota in cui è possibile riflettere sull’autentico significato di libertà di espressione del pensiero senza ingabbiarlo nella retorica da slogan e su quanto oggi il principio di democrazia possa ancora avere una valenza autentica.
“La libertà… è una cosa difficile. La libertà non è una cosa conchiusa e definita… – si legge nella nota – la libertà esiste solo per gradi. È libero chi può esprimere la sua opinione sulle cose e votare alle elezioni chi gli sta più simpatico? Sì, per un verso. Ma se non ha un lavoro, se non riesce a trovarlo, se deve sottomettersi a qualche pre-potente per riuscire a sopravvivere e mantenere la famiglia…ecco che quella libertà di dire la propria sulle cose della vita e del mondo si scontra con l’illibertà di non poter decidere come vivere, che lavoro fare… e anche le proprie opinioni diventano libere solo fintanto che non danno fastidio a chi gli “concede” la sopravvivenza consentendogli di farsi sfruttare.
La libertà di venire in Italia dall’Africa, che hanno avuto molti dei braccianti che stanno a san Ferdinando, nella piana di Gioia Tauro, a raccogliere arance e clementine…i “regolari” intendiamo, che non sono pochi… si scontra con l’illibertà di quelli che restano sepolti nel mediterraneo perché quella regolarità non gli viene riconosciuta, anche se sono uomini e donne e bambini come gli altri… contro l’illibertà propria, anche se regolari, di non poter decidere di affittarsi una casa e di lavorare solo per chi ti paga secondo legge… e questa illibertà costa la vita, spesso, come per il giovane lavoratore morto bruciato vivo nell’incendio scoppiato dentro la tendopoli di stato, gestita dalla Caritas, qualche giorno fa. SyllaNaumè, di 32 anni.
No, la libertà non è uno slogan. E nemmeno una formula retorica nei discorsi dei Presidenti. La libertà è una cosa che si fa. E si può fare solo con gli altri. Tanto più gli uni con gli altri, tanta più libertà. Tanto più gli uni contro gli altri, tanta meno libertà, tanta più illibertà.
La democrazia è una banalità? È uno di quei monumenti che abbiamo nelle città…tipo il duomo di Orvieto, che l’importante è conservarli bene e ogni tanto quando capita uno si ricorda di guardarlo ancora? No.Democrazia è una parola che viene da due vocaboli del greco antico: demos, che vuol dire popolo, e cratos, che vuol dire potenza. Più potente è il popolo più la democrazia si fa. Meno è potente, più la democrazia si disfa. La democrazia è un campo coltivato che appartiene a tutti. Tanti più sono quelli che si dedicano insieme a curarlo, tanti più frutti darà. Tanti più sono quelli che lo trascurano per occuparsi del proprio orticello, tanto più il campo si rovina…o magari finisce in mano a qualcuno che se lo appropria, magari per farci i soldi, che per farne di più poi lo riempie di veleni…e alla fine il campo muore.
Quanto è grande questo campo? Mai come oggi si deve dire che è grande come il mondo. Se tiriamo bombe e mettiamo al potere dittatori in un paese debole, il popolo scapperà da là per venire qua a presentarci il conto, da noi che siamo i forti. Qualcuno lo capisce più degli altri. Qualcuno come Orso. Lorenzo Orsetti, giovane e pieno di possibilità, che capisce che c’è un posto dove un pezzo del popolo del mondo, uomini e donne, combatte per difendere la libertà nel mondo, contro l’Isis da una parte e contro il fascismo di oggi, che lì è rappresentato dal governo turco, dall’altra. Va lì e muore, col sorriso, verrebbe da pensare, lasciando scritto di non dispiacerci per lui, ma di dispiacerci per noi stesse e noi stessi, se non abbiamo il coraggio di difendere la libertà e costruire la democrazia. Là dove donne mussulmane col chador in testa si fanno rispettare da tutti gli uomini, prima di tutto quelli della loro stessa comunità, e vanno a combattere con un coraggio enorme l’organizzazione dei daesh che vorrebbe un mondo in cui il corpo e l’anima di ogni femmina sia a disposizione del capriccio dei maschi. Nel 2018 in Italia, secondo la polizia, 32 donne sono state uccise da uomini per negarne la libertà, quello che in gergo si chiama femminicidio. Le combattenti kurde lottano e muoiono per loro e per evitarne altre. Ed Orso è morto per la stessa causa insieme a loro.
Il 29 marzo ad Orvieto ricorderemo i 7 martiri di Camorena, che una piazza della città celebra prendendone il nome e tuttavia deve ora sopportare l’offesa di una sede fascista. Ma non è solo questo. La democrazia non è un monumento, la libertà non è uno slogan. I martiri di Camorena non ci hanno regalato due cose bell’e fatte da lucidare ogni tanto. Ci hanno regalato la possibilità di lottare per la libertà ogni giorno, contro l’illibertà che ogni giorno l’aggredisce e ci minaccia, e di costruire una demo-crazia sempre più forte e larga, contro l’antidemocrazia sempre attiva e in agguato, ogni giorno, dietro ogni angolo di strada, fin dentro le stanze delle nostre case. Li ricordiamo e rendiamo loro onore, con la promessa di dar seguito al compito che ci hanno lasciato, insieme ad Orso, alle donne che non vogliono essere più vittime di nessuno, ai braccianti che non vogliono morire per farci trovare le clementine a basso costo nei supermercati”.