di Massimo Gnagnarini
A Orvieto, a sentire gli orvietani, è tutta una crisi: Sarebbe in crisi il turismo salvo scoprire che nel centro storico di Orvieto non c’è più una casa da affittare se non cliccando, da qualunque parte del pianeta vi troviate, sul portale di Airbnb per prenotare un alloggio vacanza, sarebbero in crisi le librerie nonostante i relativi fatturati in crescita e adesso, apprendiamo con stupore, sarebbe in crisi anche il mercato del nostro vino che, con una quota di circa lo 0,1%, concorre a quella produzione nazionale che proprio nel 2017 ha fatto registrare il record storico di vendite superando, per la prima volta, il fatturato dei cugini Vigneron nostri diretti competitori.
Ammiro e ho grande rispetto per i viticoltori orvietani che nel tempo sono riusciti a industrializzare un settore strategico della nostra economia locale. Tuttavia confesso che nel leggere il recente comunicato con il quale il Consorzio di Tutela chiede di bloccare l’autorizzazione per nuovi impianti non ho capito bene da cosa dipenda e quali siano le cause della paventata crisi locale del nostro vino riassunta assai laconicamente con un “ La richiesta del Vino di Orvieto da parte del mercato è purtroppo in diminuzione”.
Spero che il settore possa rapidamente riprendersi, tuttavia sarebbe auspicabile che quando una categoria economica locale si predispone a chiedere qualcosa ad hoc alla politica, che siano meno tasse e più servizi o una riduzione d’affitto o un provvedimento legislativo di blocco della concorrenza, non diventi prassi far precedere a tale richiesta una narrazione di crisi e difficoltà talvolta esagerate che rischiano di sminuire se non annullare quel poco di marketing territoriale che riusciamo ad esercitare come sistema Orvieto.
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