ORVIETO – Chi non ha riso a crepapelle o passato serate indimenticabili davanti alla tv con i mitici personaggi del Trio Aldo, Giovanni e Giacomo: i sardi di “Mai dire Gol” insieme alla Gialappa’s Band, gli svizzeri, i bulgari, i Padania Brothers, gli arbitri, i wrestler e i tenori. Senza dimenticare i personaggi singoli di Giacomo, da Mr John Flanagan al notissimo Tafazzi. E poi le trame esilaranti dei film commedia del Trio, dagli anni ’90 ai duemila sul grande schermo, da Tre uomini e una gamba a Così è la Vita, da Chiedimi se sono felice fino a Il ricco, il povero e il maggiordomo e Fuga da Reuma Park?
Giacomo Poretti, da qualche anno svela un aspetto nascosto di se stesso, non solo comico: è impegnato nel sociale da anni, nel Centro culturale «San Fedele» di Milano, dove organizza, insieme alla moglie, incontri culturali e spirituali. Inoltre dal gennaio 2009 cura una rubrica, dal titolo “Scusate il disagio”, su Popoli, mensile dell’ordine dei Gesuiti. Scrive su Avvenire e su La Stampa e ha scritto anche dei libri: Alto come un vaso di gerani (2012) e Al Paradiso è meglio credere (2015).
Dopo uno straordinario successo riscosso già in molte città italiane, Giacomo sarà a Orvieto, in Duomo, sabato 26 maggio alle ore 21.00, con il suo monologo “Fare un’anima”, ospite della XIII edizione del Festival Internazionale Arte e Fede. Uno spettacolo (ad ingresso libero) da lui scritto e interpretato, con il suo grande umorismo e la solita innata ironia, che raccoglie divagazioni e provocazioni su un “organo” che i moderni manuali di anatomia non contemplano, ma di cui da millenni gli uomini di ogni latitudine hanno parlato: l’anima.
“Il progetto di questo monologo – spiega l’attore – mi frulla in testa da quando è nato mio figlio Emanuele . In quell’occasione venne a trovarci in ospedale un anziano sacerdote che mia moglie ed io conoscevamo bene . Si complimentò con noi e ci disse: bene, avete fatto un corpo, ora dovete fare l’anima. Questa frase mi è rimasta dentro per molto tempo, si è sedimentata finché non mi sono deciso ad affrontare la questione… per affrontarla mi sono posto un sacco di domande. Come nasce l’anima? Spunta coi dentini da latte? O dopo? Quanto incide una corretta alimentazione a farla crescere? E, nel caso, sarebbe meglio una dieta iperproteica o senza glutine, oppure povera di sodio? Ma l’anima esiste davvero o è una nostra invenzione?
“E poi – prosegue Giacomo – a pensarci bene a cosa serve un’anima? Nessuno ti chiede di esibirla: quando ti fermano i carabinieri si accontentano di patente e libretto, se fai acquisti su internet bastano carta di credito e mail. L’anima sembra la cosa più antimoderna che possa esistere, più antica del treno a vapore, più vecchia del televisore a tubo catodico, A un certo punto rischia di farti tenerezza quella parola lì. Anima è una parolina esangue, malvestita e malnutrita, eppure è gelosa e innamorata: innamorata di noi e della vita, e come ogni amante ci vuole solo per sé”.
L’appuntamento, quindi, è per sabato 26 maggio alle ore 21.00 nel Duomo di Orvieto. L’ingresso,
come la quasi totalità degli eventi nel cartellone del Festival di Arte e Fede (Orvieto 20 maggio – 3 giugno 2018) è libero.
Il Festival è organizzato e promosso dall’Associazione Culturale Iubilarte, in stretta collaborazione con il Comune di Orvieto – Assessorato alla Cultura e la Diocesi di Orvieto-Todi, con il Capitolo della Basilica Cattedrale e con il sostegno dell’Opera del Duomo di Orvieto, della Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto, BCC Credito Cooperativo, di Vittoria Assicurazioni, della Onlus Elisa Lardani-Marchi, Gordon College, Bar Montanucci, con il patrocinio della Provincia di Terni, della Regione dell’Umbria, della Conferenza Episcopale Umbra e dell’Ufficio Nazionale per le Comunicazioni Sociali della CEI.