MONTEGABBIONE – Qualche tempo fa era stato il segretario di Rifondazione Comunista dell’alto orvietano Francesco Filippi con una lettera aperta ai 5 sindaci del territorio e anche al primo cittadino di Città della Pieve e al presidente della commissione regionale Sanità Solinas, a porre il problema della “chiusura dell’ospedale e del pronto soccorso di Città della Pieve” (dal 1° marzo trasformato in casa della salute) e delle ripercussioni negative di tale decisione sui cittadini dell’Orvietano, storicamente fruitori della struttura. Cittadini peraltro “non informati da nessuno della chiusura”.
L’ospedale di Città della Pieve infatti non è solo un dei due plessi del Trasimeno (l’altro è quello di Castiglione del Lago), ma anche la struttura ospedaliera di riferimento, da sempre, per vicinanza geografica e tradizione consolidata, dei paesi dell’alto orvietano e pure di una parte della vicina Toscana (Cetona, San Casciano Bagni, e in parte anche di Chiusi) nonostante la presenza dell’ospedale di Nottola.
Ora il sindaco del Comune di Montegabbione Fabio Roncella, rilevata l’inconsistenza del nascituro “Punto di Prima Assistenza” (PPA), abilitato al trattamento delle sole casistiche di minore, ha presentato ricorso al Tar dell’Umbria contro l’Usl 1 e la Regione Umbria «in quanto – dice – contro-interessata, per l’annullamento, previa sospensiva, della delibera del direttore generale del 22 febbraio 2017 e di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguente».
«Tale delibera che tra l’altro non ci è stata mai notificata – spiega Roncella – disponeva a partire dal 1° marzo 2017, ovvero a distanza di una sola settimana, la chiusura di tutte le attività a carattere esclusivamente ospedaliero svolte presso il presidio di Città della Pieve, delle quali usufruivano i cittadini di Montegabbione in ragione della vicinanza territoriale».
Il sindaco del piccolo Comune dell’alto orvietano, riscontrati anche i primi disservizi, ha chiesto precise informazioni al direttore generale di Usl Umbria2 Imolo Fiaschini e quello di Usl Umbria1 Casciari, senza ricevere, ancora ad oggi, alcun tipo di riscontro, nemmeno informale.
Contro la paventata ipotesi della chiusura dell’ospedale pievese, dal 1° marzo divenuta certezza, anche alcune fazioni della politica si erano mosse proponendo una serie di incontri pubblici. Ultimo in ordine di tempo quello del 21 aprile scorso, “al quale – ha spiegato Roncella – ha partecipato il Dott. Attilio Solinas, Presidente della Terza Commissione Consiliare Permanente in Regione, competente in materia di Sanità, che ha illustrato le modifiche in atto al sistema sanitario regionale, e ha dovuto purtroppo raccogliere il dissenso di molti dei presenti; lo ringraziamo per la disponibilità a mettersi in gioco in un contesto certamente difficile”. Erano presenti rappresentanti del CREST e del CISADeP, Coordinamento Italiano Sanità Aree Disagiate e Periferiche, al quale aderiamo, Valerio Mancini, Consigliere regionale e vicepresidente della Assemblea legislativa della Regione Umbria, e l’Avvocato Stefano Mingarelli.
“Alla luce delle risultanze della assemblea, nel corso della quale abbiamo avuto modo di approfondire i gravi limiti di una riforma che rischia di ledere il diritto alla salute dei cittadini, garantito dall’Art.32 della Costituzione, privilegiando esigenze di tipo burocratico-organizzativo – ha annunciato il sindaco – abbiamo deciso di dare seguito al ricorso, annunciandolo a fine assemblea”.
Il sindaco poi cita una serie di sentenze. Vanno tagliati gli sprechi, certamente, ma non i servizi essenziali; lo chiarisce in modo splendido la sentenza della Corte Costituzionale n°275 del 2016, quando afferma: “È la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione”. Chiarissimo. Gli fa eco l’altra sentenza n°162 del 2007, dove si attesta la necessità di rispettare le “esigenze minime, di carattere primario e fondamentale, del settore sanitario”, coinvolgenti il “nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana”.
Ancora più chiara, se possibile, la sentenza n°304 del 1994, che recita: “Non v’è dubbio che, se [le] esigenze [di natura finanziaria], nel bilanciamento dei valori costituzionali operato dal legislatore, avessero un peso assolutamente preponderante, tale da comprimere il nucleo essenziale del diritto alla salute connesso all’inviolabile dignità della persona umana, ci si troverebbe di fronte a un esercizio macroscopicamente irragionevole della discrezionalità legislativa”. L’iniziativa vede l’adesione di comitati di cittadini, di alcune amministrazioni comunali e di gruppi consiliari appartenenti all’area.