di Valeria Cioccolo
Questo articolo nasce sul moto di rabbia che ho provato vedendo aumentato a 450 euro – 100 euro in più rispetto allo scorso anno – la Carta Tutto Treno Umbria, che, per i non addetti ai lavori, è un supplemento annuale all’abbonamento (che costa a sua volta circa 1.300 euro) e che consente di salire sui treni Intercity.
Non voglio suscitare pietismi e fare la solita parte della vittima che prende i treni, che non ha una vita e che si lamenta dei ritardi, è vero, sono pendolare da quasi 20 anni, ma come me lo sono moltissimi concittadini orvietani e non solo.
Ma mi sono stancata delle etichette, non voglio essere definita “pendolare” perché a mio avviso la situazione dei trasporti, emblematica anche a livello nazionale quale specchio di un sistema di servizi pubblici sostanzialmente inefficiente, si fa nel caso di orvieto a mio avviso non “un problema dei pendolari” ma dello stesso territori che è pesantemente ferito dalle stesse infrastrutture, che lo tagliano in due, ma che, paradossalmente, invece di portare anche benefici a chi ci vive vanno progressivamente peggiorando.
Limitiamoci alla ferrovia. L’intersezione alla linea Alta Velocità consentirebbe, è stato detto più volte, di raggiungere una distanza come quella di Roma in 45 minuti (forse anche meno). E invece? Invece non si può, l’accesso è consentito solo ai Frecciarossa, tutti gli altri si scansino, bisogna dare precedenze, c’è il divieto di passaggio, tutte condizioni che negli ultimi anni vediamo quotidianamente verificarsi e che hanno portato (salvo ritardi) all’aumento dei tempi di percorrenza di 20 minuti almeno. A fronte di questo servizio ci sono però i costi che salgono. C’è da chiedersi come sia possibile. Parlo di qualcosa che conosco bene, del trasporto Orvieto-Roma, di un pendolarismo di media-lunga percorrenza, di carattere interregionale.
Ecco alcuni dati raccolti dall’esperienza di questi anni:
Tempi: 2001: si arriva a Roma in 50 min con gli Intercity. 2017 si arriva a Roma in 1,15 con gli Intercity
Numero di treni: 2001: esiste un treno da e per Roma più o meno ogni ora – 2017: un treno in media ogni 2 ore. Di domenica: nessun treno tra le 5 di mattina e le 9.00 e da Orte si viaggia con un pullman.
Costi: 2001-2017 l’aumento del costo del trasporto aumenta del 40% ingiustificato rispetto a qualsiasi indice inflazionistico.
Ritardi: 2001: in media 5/10 minuti – 2017: in media 15/30 minuti
Stazione ferroviaria: declassata nel 2010 con conseguente depauperizzazione dei servizi.
Materiale rotabile: È l’unica cosa che è rimasta invariata, sono treni che viaggiano ancora con i materiali vecchi di anni e anni fa. E non mi si venisse a dire che negli ultimi anni è stato rinnovato il parco macchine, perché, se è vero, ha riguardato solo il servizio regionale in senso stretto.
Si è parlato per altro recentemente dell’impegno dell’amministrazione comunale e regionale per permettere due fermate (una la mattina e una la sera) dell’“Alta Velocità” ovvero di un Frecciabianca anche ad Orvieto.
Questo progetto a mio parere, seppur ottimo, non può essere prioritario perché non può rispondere nella sua limitatezza alle esigenze di chi si muove per lavoro dalle prime ore della mattina alla sera tardi. Serve invece uno sguardo più ampio, un progetto che innanzitutto tenga conto che tutta l’economia del territorio (ma ci scordiamo del turismo?) beneficerebbe di servizi ferroviari più efficienti, quei servizi che un tempo esistevano e che hanno consentito a molti di venire ad abitare nelle nostre campagne, ad Orvieto stesso o nei piccoli borghi limitrofi, migliorando la qualità della propria vita, ma portando più ricchezza per tutti.
Per il trasporto interregionale, che coinvolge sia gli intercity che appunto i treni cosiddetti (un po’ beffardamente…) “veloci” si potrebbero prevedere degli accordi che riguardano non più la singola Regione con le Ferrovie, ma le varie regioni coinvolte nelle varie tratte, magari facendo un censimento di quanti sono i pendolari a lunga percorrenza (non dovrebbe essere difficile, vanno calcolati i numeri degli abbonamenti annuali e mensili), e stabilendo degli accordi ad hoc.
Mi chiedo allora, ma la mia amministrazione comunale che intende fare? Non cerco di sottrarmi all’impegno in prima persona, ma in anni di attivismo nei vari comitati e gruppi pendolari mi ha insegnato che ci vuole un interlocutore più forte, che garantisca attenzione e presenza continua sui tavoli che si aprono, che vigili sulle decisioni prese e che si batta per ottenere le migliori condizioni possibili affinchè il territorio rimanga collegato in maniera efficiente.
Perché alla fine siamo anche disposti a pagare di più, ma a fronte di un servizio che sia costantemente in crescita e non in costante declino. Perché se peggiorano le condizioni di un bene che dovrebbe essere un bene comune il peggioramento coinvolge tutti. Perché questo ci ruba non solo il presente ma soprattutto il futuro, più prossimo di quanto immaginiamo.