di Dante Freddi
ORVIETO – Noi orvietani abbiamo il cuore abbarbicato su questa rupe e mentre gioiamo per i quarant’anni della Trattoria Mezzaluna, famosa per la sua carbonara e per il successo imprenditoriale di Averino e della sua famiglia, che hanno costruito in qualche metro quadrato un luogo semplice che sa emozionare l’avventore, ci rammarichiamo per la chiusura dell’Hotel Maitani, proprio lì al Duomo, e soprattutto per la dinastia di ristoratori e albergatori Morino che chiude il suo ciclo.
Qualcuno acquisterà l’albergo, la posizione è troppo attraente, e ci investirà quanto necessario per garantirne il livello che la sua storia e la posizione gli hanno assegnato. Ma i motivi di tristezza permangono, quella che ci assale quando una parte del nostro passato non è più lì dove siamo abituati a vederla, quando c‘è la consapevolezza che c’è una “fine”, termine angosciante anche se è accompagnato ad un “principio”, che non sarà più nostro.
È accaduto ultimamente per il Bar Scarponi, sostituito da un locale che sta combattendo la sua battaglia imprenditoriale per conquistare lo spazio lasciato libero. Solito sentimento di “morte” per la chiusura de Gli Svizzeri e l’apertura di un negozio di tutt’altro tipo. Ora ci si mette anche il Bar del Teatro, che dovrà superare i problemi burocratici che ne hanno determinato la chiusura. Tragedia quando chiuse il suo negozio di scarpe Cortoni, il più qualificato della città, molti anni fa, o quando Montefiore e Cortoni elettrodomestici lasciarono il Centro storico per seguire la storia commerciale della città, che li spingeva inesorabilmente verso l’esterno.
L’assessore Gnagnarini ha invitato gli imprenditori, in occasione della chiusura del Maitani, ad interrogarsi.
Invito lapalissiano, perché tra gli attori del successo di una città ci sono gli amministratori, che devono renderla dignitosa e godibile, e gli imprenditori, che devono “sfruttare” la condizione per coprire il loro ruolo in copione con la capacità e l’intelligenza che richiedono tempi difficili. Se c’è da fare meglio, da ogni parte, è necessario avere il coraggio di prendersi per mano e farlo, ciascuno il suo.
L’amarcord, lasciatelo a noi ormai anziani, che abbiamo gli occhi umidi con facilità, e possiamo permetterci di piangere su un ricordo anziché agitarci per costruirci un futuro.