Il M5S Orvieto ha diffuso una nota che riscopre le Denominazioni Comunali approvate dal Consiglio comunale di Orvieto nel 2012. La sollecitazione dei pentastellati rivolta all’Amministrazione Germani è opportuna, perché quella buona idea di Leoni, che doveva servire a guardarci in casa e offrire valore a quanto sappiamo fare, oltre c he ad aiutarci a capire effettivamente le nostre potenzialità, quasi un’analisi psico-economica di chi siamo e dove andiamo, è rimasta lettera morta, anche nei due anni dell’Ammnistrazione Còncina successivi alla deliberazione.
Di seguito la nota M5S e, in successione, il comunicato stampa del Comune di Orvieto del 2012, che riporta la proposta Leoni approvata all’unanimità e il dibattito relativo.
«Expo 2015 rappresenta una straordinaria opportunità per l’Italia e per l’Umbria che dobbiamo saper utilizzare al meglio». Questo è quanto diceva la presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini.
Come è noto il M5S Orvieto, al di là dei preconcetti, opera per cogliere ogni buona occasione di sviluppo; così abbiamo voluto riportare l’attenzione su quello che dovrebbe essere un nostro punto di forza ma che non ci sembra per nulla valorizzato: le Denominazioni Comunali di Origine (De.Co.).
Vogliamo ricordare infatti che il Comune di Orvieto è stato il primo comune della regione ad utilizzare i vantaggi del D.Lgs. 267/2000 grazie all’iniziativa dell’allora consigliere Dott. Pier Luigi Leoni che ottenne, nel 27 marzo 2012, il riconoscimento e la regolamentazione delle De.Co. e del relativo Osservatorio Comunale.
Lo scopo era la individuazione e l’ufficializzazione, da parte dell’Amministrazione, di prodotti (in senso lato come prodotti dell’artigianato e dell’arte culinaria, ricette, tradizioni, feste), che contribuiscono all’identità della comunità orvietana, in particolare la valorizzazione delle attività agro-alimentari tradizionali.
Come gruppo consiliare M5S, subentrato dopo la realizzazione dell’iniziativa, e partecipanti di diritto all’Osservatorio De.Co. però non siamo riusciti ad individuare i risultati concreti dell’attività, non si conoscono i prodotti che sono stati valorizzati e si fregiano di questo marchio esclusivo che potrebbero essere presentati all’Esposizione Universale 2015 (Expo), anzi sembra proprio che negli atti dell’attuale amministrazione non sia citato per nulla tale riferimento ed, inoltre, Orvieto ad oggi non risulta presente nelle pagine dell’AssoDeCo.
Non ci è restato che interrogare, ahimè, l’assessore competente, dott.ssa Martino, sperando possa illuminarci se anche questa non sia stata l’ennesima occasione persa.
Non vogliamo credere che l’Amministrazione Germani, nonostante abbia più volte ribadito che quanto di buono e condivisibile vi era, nei programmi e nelle iniziative concrete della precedente amministrazione, sarebbe stato incoraggiato e portato a compimento per il bene comune ed il progresso socioeconomico, abbia ancora una volta disatteso le tante aspettative e le sincere speranze riposte dai concittadini.
In ogni caso ci preme sollecitare una risposta ed, eventualmente fosse tutto ancora fermo al palo con le quattro frecce, come temiamo che sia, proporremo in Osservatorio di Commissione Capigruppo di riprendere ogni iniziativa per riavviare il progetto delle Denominazioni Comunali Orvietane.
Comune di Orvieto, comunicato del 4 aprile 2o12.
l Comune di Orvieto regolamenta le De.Co. / Denominazione Comunale per la valorizzazione delle attività agro-alimentari tradizionali che risultano presenti nella realtà territoriale.
· Approvato dal Consiglio Comunale il Regolamento del Marchio.
(ON/AF) – ORVIETO – Il Consiglio Comunale ha approvato all’unanimità dei presenti l’istituzione delle Denominazioni Comunali di Origine (De.Co.) del Comune di Orvieto ed il relativo Regolamento che le disciplina.
Il provvedimento di cui è stato relatore il Cons. Pier Luigi Leoni (PdL) fa riferimento al fatto che il D.Lgs. 267/2000 dispone che “il Comune è l’ente locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo”, ovvero “spettano al Comune tutte le funzioni amministrative che riguardano la popolazione ed il territorio comunale, precipuamente nei settori organici dei servizi alla persona e alla comunità, dell’assetto ed utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico, salvo quanto non sia espressamente attribuito ad altri soggetti dalla legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze”.
Quindi il Comune è sicuramente legittimato ad assumere autonome iniziative, anche di tipo regolamentare, a sostegno delle produzioni locali, purché non invadano la sfera di competenza di altri enti. Una forma sempre più diffusa di sostegno delle produzioni locali sono le De.Co. (Denominazioni Comunali) che consistono nella individuazione e nella ufficializzazione da parte delle amministrazioni comunali di prodotti (in senso lato), che contribuiscono all’identità della comunità affidata alle loro cure. Esse hanno un significato eminentemente culturale, che non esclude, anzi favorisce, positivi risvolti economici. Non sono vie brevi rispetto alle denominazioni europee riconosciute, ma atti di consapevolezza e di responsabilità nell’uso dello spazio di libertà che la Costituzione italiana riconosce alle autonomie locali.
In sostanza, le De.Co. trovano i loro limiti nel rispetto di due principi: la storicità, per evitare improvvisazioni che possono nascere da meri interessi commerciali, e l’espressione di un patrimonio collettivo e non il vantaggio di una singola azienda.
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Illustrando l’atto, il Cons. Leoni ha evidenziato che “l’Umbria è una delle pochissime regioni italiane in cui nessun Comune ha deliberato in materia di De.Co.” e che “Orvieto può essere il primo Comune dell’Umbria che regolamenta le De.Co.”.
“Le De.Co. / Denominazioni Comunali – ha aggiunto – consistono nella individuazione e nella ufficializzazione da parte delle amministrazioni comunali di prodotti in senso lato (prodotti dell’artigianato e dell’arte culinaria, ricette, tradizioni, feste ecc.), che contribuiscono all’identità della comunità affidata alle loro cure. Essa hanno un significato eminentemente culturale, che non esclude, anzi favorisce, positivi risvolti economici. Non sono vie brevi rispetto alle denominazioni europee riconosciute, ma atti di consapevolezza e di responsabilità nell’uso dello spazio di libertà che la Costituzione italiana riconosce alle autonomie locali. Le De.Co. trovano i loro limiti nel rispetto di due principi: la storicità, per evitare improvvisazioni che possono nascere da meri interessi commerciali; la espressione di un patrimonio collettivo e non il vantaggio di una singola azienda”.
“Il fenomeno delle De.Co. nasce a seguito della legge 142/1990 (Testo Unico Enti Locali, attualmente decreto legislativo 267/2000) che consente ai Comuni di disciplinare, nell’ambito dei principi sul decentramento amministrativo, la valorizzazione delle attività agro-alimentari tradizionali che risultano presenti nelle diverse realtà territoriali. In seguito ed in forza di questa potestà concessa ai Comuni, l’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) nel 2000 redige una proposta di legge di iniziativa popolare recante: ‘Istituzione delle denominazioni comunali di origine per la tutela e la valorizzazione delle attività agro-alimentari tradizionali locali’. Nel frattempo, giuristi e opinion leader intervengono in merito all’opportunità dei Comuni di legiferare in tema di valorizzazione dei propri prodotti. Il giurista Giuseppe Guarino e il giornalista Luigi Veronelli ingaggiano una battaglia per la diffusione del fenomeno delle De.Co. Essi iniziano a fare riferimento anche alla legge Costituzionale n. 3/2001, che conferisce ai Comuni la potestà di emettere regole in campo agricolo. Da qui, o meglio da quella data, si segnala il proliferare di Comuni che deliberano una o più Denominazioni Comunali. La burocrazia ministeriale ha tentato di intralciare lo sviluppo delle De.Co. che, per la loro natura, sfuggono al dirigismo europeo e governativo, ma si è dovuta arrendere a un fenomeno che, pur con qualche invitabile stravaganza, è sospinto dal vento inarrestabile della libertà”.
“Allo stato attuale, il fenomeno delle De.Co. è attestato su tre filoni principali:
I – La De.Co. su un PRODOTTO TIPICO. E’ il caso di un prodotto agricolo coltivato in quel territorio, adattatosi nel tempo e conservato, come coltura, dagli abitanti di un paese. E’ questo il caso della Mela grigia di Torriana, della cipolla rossa di Breme, dell’asparago di Cilavegna, del pomodoro cuore di bue di Belmonte Calabro, della pesca limonina di Asti, della cipolla borettana di Boretto, dell’albicocca puntinata della Valeggia di Quiliano.
La De.Co. su un PRODOTTO DELL’ARTIGIANATO ALIMENTARE. E’ il caso di un prodotto dell’artigianato alimentare locale, che rappresenta un valore identitario delle famiglie di un paese. Lo sono gli amaretti di Mombaruzzo, lo sono gli amaretti di Gallarate, il cioccolato di Modica, il pane di Visso, la michetta di Dolceacqua, il panettone di Milano oppure la Pizza di Tramonti.
La De.Co. su un PRODOTTO DELL’ARTIGIANATO. Si tratta di un sapere che ha sviluppato un artigianato locale. Ad esempio i fischietti di Rutigliano o i Camparot di Lu Monferrato. Tutti questi esempi di De.Co. hanno una caratteristica: possono rappresentare il fulcro di attività commerciali. Quindi la loro crescita di notorietà può richiedere forme di tutela che possono sfociare nella creazione di un’Associazione di produttori, in un Consorzio e nell’avvio di una richiesta di denominazioni riconosciute dall’Unione Europea come la Dop o l’Igp, percorso che ad esempio sta interessando il cioccolato di Modica o il panettone di Milano. In assenza di questi riconoscimenti che richiedono un iter complesso, è possibile registrare un ‘marchio collettivo territoriale’, come è accaduto per l’Amaretto di Mombaruzzo. Ma questi sono momenti dove il Comune non può entrare, mentre vi entrano i singoli produttori.
II – La De.Co su una RICETTA. Questo tipo di De.Co. rappresenta il livello meno commerciale e più culturale. E solitamente è legato ad una tradizione, che a sua volta ha prodotto una sagra, codificando la storia e l’esistenza di un piatto. E’ il tipo di De.Co. che ultimamente sta trovando più consensi, e che meglio esprime il concetto identitario che menzionavamo prima. Ecco alcuni esempi. A Milano, il Comune ha deliberato la De.Co. in due tornate per il risotto giallo, i mondeghili, i rustin negàa. Quindi i Subrich di Masio, il Turtun di Castelvittorio, la torta amara della Vallera, la torta Paciarela di Gessate, gli agnolotti gobbi di Asti, la bistecca Madama la Piemonteisa di Savigliano, i tortelli con la coda di Vigolzone, la Seupa a la Vapelenentse di Valpelline.
La De.Co. su una FESTA. Si tratta di momenti legati alla tradizione di un piatto o di un prodotto, che rimangono un momento di aggregazione popolare di una data Comunità, con una certa storicità. Esempio di questo gruppo è sicuramente la De.Co. sulla Fiera del Bue grasso di Moncalvo (At).
Le De.co. su un SAPERE. Sono denominazioni riferite ad una pratica in uso in un determinato Comune come può essere una tecnica di pesca, di coltivazione, di artigianato. Ad esempio i muretti a secco di Arnasco (Sv) o gli infernot di Frassinello Monferrato (Al).
La De. Co. su un TERRENO. E’ il caso, assai diffuso, delle De.Co. sulle tartufaie, che di fatto tutelano (l’esempio del tartufo nero di Montemale) un territorio vocato alla crescita e raccolta di una particolare specie di tartufo.
III – Le De.Co. MULTIPLE. Il terzo filone delle De.Co, riguarda situazioni multiple o aggregate, come ad esempio la De.Co. sulla pasticceria alessandrina, che si situa a ombrello sui due tipi di De.Co, precedenti, oppure un esempio su scala provinciale, come il Paniere dei prodotti della provincia di Torino o il Paniere delle De.Co. della provincia di Vicenza. Ma attenzione, mentre il caso del Paniere è un eventuale aggregazione di De.Co. comunali (pochissimi dei 30 prodotti hanno la De.Co.), le aggregazioni all’interno di un Comune che intendiamo noi partono da una storia, come il sapere diffuso ed emulato sulla pasticceria alessandrina. E’ un discorso ben diverso dal Comune che fa più De.Co., a volte con un principio solo quantitativo”.
La 2^ Commissione consiliare ha valutato positivamente l’iniziativa ed ha introdotto un emendamento all’art. 9 (approvato all’unanimità) che prevede la gratuità del procedimento per l’iscrizione nel registro De.Co., la gratuità dei membri della commissione e suoi consulenti, e la gratuità dell’iscrizione al registro e all’uso del marchio non sono soggetti ad oneri finanziari nei confronti del Comune o di altri.
Sempre all’unanimità è stato approvato l’emendamento dei Cons.ri Germani e Gialletti che sulla composizione della Commissione prevista dall’art. 4 introduce “associazioni di categoria e possibili portatori di interessi presenti in città”.
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REGOLAMENTO PER LA DISCLINA DELLE DENOMINAZIONI COMUNALI (De.Co.)
Art. 1 – Finalità
1. Il Comune individua e sostiene i prodotti in senso lato (prodotti dell’artigianato e dell’arte culinaria, ricette, tradizioni, feste ecc.) che contribuiscono, con la loro peculiarità, a formare l’identità della comunità insediata nel territorio di Orvieto.
Art. 2 – Ricerca storica
1. Il Comune interviene, mediante forme dirette e/o di coordinamento, in attività di ricerca storica finalizzata alla individuazione di ogni fonte che, per il conseguimento delle finalità di cui all’articolo 1, sia meritevole di attenzione.
Art. 3 – Registro dei prodotti
1. Il Comune istituisce un Registro dei prodotti individuati come meritevoli del marchio De.Co.-
2. Il Registro riporta la denominazione del prodotto, le sue caratteristiche, la sua storia e gli elementi che ne spiegano la peculiarità orvietana.
3. Le proposte di iscrizione nel Registro possono essere fatte da chiunque.
4. Le proposte, in carta libera, devono essere corredate da una adeguata documentazione.
Art 4 – Commissione
1. Sulla ammissibilità della iscrizione nel Registro si pronuncia una Commissione nominata dal Sindaco, che dura in carica fino alla scadenza del mandato amministrativo.
2. La Commissione è composta dal Sindaco o da un cittadino da lui delegato, che la presiede, da un esperto di storia locale e da un esperto di economia, associazioni di categoria e possibili portatori di interessi presenti in città; uno degli esperti svolge funzioni di segretario su incarico del presidente.
3. La commissione, per ogni prodotto, si può avvalere della consulenza di esperti.
4. La Commissione, sulla base della documentazione a corredo della segnalazione e degli altri elementi informativi raccolti, verifica se il prodotto segnalato ha le caratteristiche per l’iscrizione al Registro e predispone, per ogni singolo prodotto che propone di iscrivere, una scheda identificativa nonché, se lo ritenga necessario, un disciplinare di produzione.
5. Completata l’istruttoria, la Commissione rassegna le proprie proposte alla Giunta Comunale, che decide in merito ai prodotti da iscrivere nel Registro, approvando contestualmente le schede identificative o i disciplinari di produzione, che saranno vincolanti per la utilizzazione del marchio De.Co.
Art. 5 – Logo
1. La Giunta comunale approva il logo del marchio De.Co. di Orvieto nel quale è riservato uno spazio alla denominazione del singolo prodotto.
2. Il logo può essere utilizzato sulle confezioni dei prodotti e su tutti gli strumenti di informazione culturale, turistica e commerciale che riguarda i prodotti stessi.
3. L’utilizzatore del logo non può impiegare altri contrassegni che, per il loro aspetto esterno e/o in seguito alla loro applicazione, possano ingenerare confusione con il logo De.Co.
4. Il Comune di Orvieto, proprietario del logo De.Co., può avvalersi dello stesso in ogni occasione in cui ciò sia ritenuto utile e opportuno dall’Amministrazione.
5. È vietata l’utilizzazione, in qualunque forma, del logo De.Co. da parte di soggetti non autorizzati; ogni abuso sarà perseguito a termini di legge.
Art. 6 – Le iniziative comunali
1. Il Comune assicura, mediante gli strumenti di cui ha la disponibilità, la massima divulgazione delle disposizioni previste dal presente regolamento.
2. Il Comune individua, nel quadro dei propri programmi editoriali, forme di comunicazione pubblica a cui affidare ogni utile informazione riferita alla materia trattata dal regolamento.
3. Il Comune, altresì, ai fini delle De.Co., si avvale della collaborazione di enti e associazioni.
Art. 7 – Sezione speciale della Biblioteca comunale
1. Nell’ambito della Biblioteca comunale viene istituito uno spazio documentale, aperto alla consultazione pubblica, dove vengono raccolte e catalogate tutte le pubblicazioni, anche di espressione giornalistica, afferenti alle De.Co. di Orvieto.
Art. 8 – Osservatorio
1. La Conferenza dei Capi-gruppo del Consiglio comunale è costituita in Osservatorio sullo stato di attuazione del presente regolamento.
2. Alla Conferenza deve essere rimesso ogni atto della Commissione di cui all’art. 4 e della Giunta comunale in materia di De.Co.
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In sede di dibattito, la Cons. Adriana Bugnini (PD) ha osservato che “questo atto dimostra come argomenti discussi ampiamente in commissione vengano poi portati in consiglio comunale in perfetta armonia. Secondo Carlo Tonelli: “va bene quando c’è la volontà e la condivisione di tutti. Non ho nulla da obiettare sulla finalità di atti come questo e sui risvolti culturali ed economici ma alcuni chiarimenti sono necessari. Non è la prima volta che si discute di denominazioni comunali. Tempi addietro c’erano alcune riflessioni di contrapposizione alle denominazioni De.Co.; ad esempio c’era chi riconduceva il tutto ai presidi e condotte slow food. Penso che approfittando di questo atto sia opportuna una riflessione complessiva sulla tematica dell’identità territoriale che va dai progetti di filiera corta al nuovo mercato territoriale, ma anche sul ruolo del Palazzo del Gusto. Facciamo tesoro sulle progettualità del passato e del presente per rilanciare le nostre specificità”.
Il Cons. Oriano Ricci: “condivido la relazione di Leoni. La questione della denominazione comunale abbraccia molti aspetti ma vorrei sottolineare che in un unico atto deliberativo viene istituito sia il regolamento che il registro del De.Co. e mi chiedo se per l’istituzione e l’adesione non vadano differenziati i due atti”. Il Presidente, Cons. Marco Frizza (Gruppo Autonomo): “la De.Co. va nella direzione auspicata, nel senso che ci aiuta a ‘vendere’ un prodotto legato a un territorio, passando per la sua tutela. E’ fondamentale infatti legare al nostro territorio la commercializzazione di prodotti che dobbiamo tutelare e valorizzare. Orvieto è vino, è cultura,è enogastronomia, è paesaggio, è ambiente. Più saremo capaci di mettere in atto questa proposta, meglio sarà”.
Cons. Giuseppe Germani (PD): “esprimo apprezzamento per l’atto proposto da Leoni. Mi riallaccio a quanto detto da Tonelli sul fatto di riprendere e valorizzare – anche meglio che nel recente passato – quello che è il grande patrimonio culturale che la nostra città ha, nel campo della tutela e valorizzazione delle proprie produzioni. Ciò a partire dalle associazioni di categoria ed economiche e alle imprese locali, per dare loro un futuro. Parimenti importante sarà la verifica rigorosa sul fregiarsi del marchio De.Co. Da ultimo aggiungo che, il ‘marchio Orvieto’ ha una grande immagine dobbiamo allora concentraci sul fatto che questa immagine non venga meno. Ad esempio, le nostre aziende locali dovrebbero essere più presenti nei luoghi e/o convegni in cui si affronta la tematica della internazionalizzazione”.
Cons. Stefano Olimpieri (PdL): “mi complimento con Leoni per la sua proposta che ha affrontato la tematica della difesa, tutela e identità del nostro territorio. Dobbiamo cercare di superare con intelligenza la massificazione e globalizzazione che è poi l’omologazione di vasta scala. L’identità è prima di tutto culturale e se riusciamo a fare questo, legandola alle caratteristiche del territorio, potremo uscire dalla palude della crisi mondiale difendendo le nostre specificità. Con questi atti che solo all’apparenza sono formali, possiamo uscire dalla logica del conformismo omologante”.
Il Sindaco Antonio Concina: “una discussione interessante che dovrebbe attraversare tutti i settori. Alcuni comparti, infatti, hanno bisogno di una sveglia su certe tematiche nel senso che devono iniziare a rinunciare alla pigrizia, movendosi su nuove prospettive. Confrontiamoci, ma soprattutto lavoriamo sulle realtà che sono titolari di questi marchi”.
Nella breve replica Leoni ha commentato: “prendo atto dell’esito favorevole del dibattito. Sulla questione formale sollevata da Ricci mi rimetto alla Presidenza e al Segretario Generale. Siamo favorevoli”.