Il profluvio alluvionale di pronunciamenti, sui più svariati temi di interesse morale e sociale e politico e giudiziario, assume sempre più il sapore di un caravanserraglio all’interno del quale, tra grida scomposte e gesti inverosimili, l’elemento dominante è da ricercare nella confusione e nel disordine.
Basta sintonizzarsi su una qualsiasi trasmissione delle reti televisive nazionali, per limitarsi ad esse, e il quadro che appare “ictu oculi” è di quelli che non lasciano scampo per licenziosità di analisi, giudizi faziosi e menzogneri, scurrilità accusatorie, invettive gratuite e fuorvianti e, in tal modo, gli argomenti quotidiani di trattazione, di per sé rilevanti e significativi, concedono lo spunto per divenire inesorabilmente l’occasione non per offrire ai teleutenti la possibilità di orientarsi e formarsi una opinione basata su elementi di informazione libera ed obiettiva, bensì per canalizzare il consenso della massa acritica dei cittadini verso mete interessate e perlopiù qualunquistiche.
A parte gli ospiti dei programmi, quasi sempre gli stessi e non certo tra i migliori, vi è da sottolineare come l’animosità verbale e il continuo sovrapporsi delle voci conducano inevitabilmente a generare un clima da stadio dove a prevalere non è tanto, come sarebbe giusto e opportuno, la forza dell’intelligenza quanto, piuttosto, le porzioni carnose delle corde vocali. E gli indici di ascolto non impongono solo ciò, ma anche il differimento di annunciate clamorose rivelazioni alle puntate successive alla pari di una scialba, quanto banale soap-opera.
Lo spettacolo che ne discende né appaga né coinvolge e lo spettatore non solo non ne esce arricchito, ma ancor più confuso e disorientato tanto da pentirsi, presumibilmente, per aver sprecato e gettato alle ortiche quel tempo che meglio avrebbe potuto destinare per altre più soddisfacenti esperienze.
Che dire, poi, dei cosiddetti “fuori onda” così di moda in questi ultimi periodi?
Il ciclo biologico di ogni essere umano è costituito sia da un palcoscenico principale, dove viene rappresentata la trama della sua storia personale e delle sue vicende esistenziali, e sia da uno o più retroscena dove, ciò che non può e non deve apparire sul proscenio, viene realizzato in un contesto di schiettezza e di genuina naturalezza. Sul palcoscenico va l’attore con i suoi inganni e le sue finzioni imposte dal copione che è obbligato a recitare; nel retroscena vi è l’uomo nudo e puro che dice quello che realmente pensa e si esprime con atti e fatti conseguenti.
Nella vita pubblica accade lo stesso: le dichiarazioni ufficiali sono spesso e volentieri il risultato di compromessi dettati da opportunismi contingenti o da calcoli di bottega; le confidenze private, magari anche quelle esternate con un bicchiere di buon vino in mano, colgono il segno del reale e veritiero pensiero di chi le pronuncia.
Si spiegano così alcuni episodi recentemente accaduti nella sfera nazionale e, pure, in quella locale. In entrambi i casi, sarebbe dignitoso evitare la smentita della sostanza della confidenza rispetto alla forma della dichiarazione pubblica e riguardoso, nei confronti delle cittadine e dei cittadini, usare coerenza verso la prima ed essere più avveduti prima di proferire la seconda.
In neurologia una ridotta regione del cervello umano a forma di mandorla, l’amigdala, è ritenuta sede della intelligenza emotiva e da essa sembra che partano gli impulsi più spontanei e naturali dei nostri comportamenti come quelli, appunto, che presiedono alle esternazioni verbali operate di getto e senza passare per il filtro della razionalità utilitarista.
Non possiamo, però, permetterci il lusso di affidare le nostre esistenze al solo nutrimento derivante dalla frutta secca!