di Dante Freddi
E’ trascorsa appena una settimana dalla conferenza stampa in cui Brugiotti ha svuotato il suo sacco e già non è più all’ordine del giorno la serie interessante di denunce con cui l’ex assessore si è dissociato dall’Amministrazione Còncina.
Siamo ormai al quarto anno di questa sofferta esperienza di governo della destra e dei responsabili di sinistra che la sostengono e si corre il rischio di contribuire a questa stagnate atmosfera se non si ritorna ciclicamente sui temi decisivi per Orvieto e quindi per l’Orvietano, indissolubilmente legato alla prosperità della città capoluogo.
Scrive il puntiglioso Brugiotti nel documento che ha consegnato alla stampa, tra molto altro: “Il pareggio di bilancio, il patto di stabilità, la vendita della farmacia comunale e della caserma Piave sono sempre stati gli unici obiettivi da raggiungere e gli unici argomenti di cui ho sentito discutere sin dal giugno 2011, inizio del mio mandato”. E continua, considerando che “arrivare al pareggio di bilancio (peraltro quasi fuori tempo massimo) non equivale ad aver risanato o rilanciato la città, nel nostro caso però è servito a preservare gli attuali ruoli di potere”.
Considerazione ineccepibile di una situazione a cui ci stiamo pericolosamente assuefacendo.
Sembra quasi scontato il disastro che avanza, sembra che non valga neppure la pena di parlarne.
Firmato il protocollo d’intesa con la Fondazione Anci e messa in vendita la palazzina comando, la questione della caserma Piave è data per risolta. Il sindaco non sente neppure più il bisogno di raccontarci di quanto corre “ventre a terra” per risolvere l’annosa questione. Finora se ne sono occupati, racconta Brugiotti, Còncina e Pizzo, senza neppure tirarsi dietro il consigliere delegato alla questione, Carlo Tonelli, e i risultati stanno lì, in quei vetri rotti e nell’aria di abbandono che sembra ormai dominare.
Mentre l’Amministrazione tenta di vendere i beni rimasti, dopo il fortunato e discusso colpaccio della farmacia comunale, non sono state individuate strategie per far uscire la città dalla sua agonia. Neppure su aspetti non costosi ma di visione, come la gestione della viabilità e della sosta, è stata trovata una risposta adeguata, anzi. Il massimo della capacità è stato espresso nel togliere il traffico sotto l’arco del Comune, mentre le auto continuano a imperversare in tutto il centro storico, quasi fossero un segno di vitalità anziché di arretratezza culturale. Non voglio perdermi nell’elenco impietoso di problemi ignorati prodotto da Brugiotti, ma certo si sente forte la necessità di una sferzata di idee, di un indice puntato a segnalare qualcosa, un obiettivo, una possibilità. Dopo il periodo opaco dell’Amministrazione precedente, chi nutriva legittime speranze di “rinnovamento e metodo” penso che sia amaramente deluso. Qualcuno se la prende con il manico, con il sindaco Còncina, considerato persona affabile e piacevole ma inadatto alla gestione, altri con la sua compagnia, fatta di brave e capaci persone ma complessivamente una compagine modesta. Per la verità, dopo le rivelazioni di Brugiotti, non sappiamo più con certezza neppure chi è assessore di cosa e non ci rimarrebbe che prendercela con i soliti Frizza, Pizzo e Olimpieri. Troppo semplice, prevedibile e scontato, oltre che inutile.
Nel frattempo, dai paesi intorno guardano Orvieto come una città senza autorità, incapace di guidare qualsiasi processo, la “città sottostante”, come ama ricordare il sindaco emerito di Porano Gisleno Breccia.
Non rimane che affidarci a san Pietro Parenzo, ma ricordiamo che gli orvietani, quando si stanacano, prendono a martellate sul cranio, come purtroppo accadde al nostro santo.
Ex Piave. La foto della mensa è di Augusto Cioccolo