ORVIETO – “Un luogo senza anima, completamente asservito allo sciame turistico del mordi e fuggi, colmo di negozi di souvenir prodotti altrove e di locali di ristorazione mediocri che puntano al guadagno immediato senza investire sulla qualità”.
Questo è ciò che Orvieto non deve diventare, ciò da cui la gente vuole fuggire, combattere e dialogare. E’ un passaggio della lettera scritta a sei mani da tre persone che, per certi versi, hanno scritto la storia di Orvieto: Nazzareno Montanucci, Simonetti Michelangeli e Riccardo Campino, indirizzata agli amministratori del Comune. A mettergli la penna in mano è stato il perdurare della crisi economica che sta investendo pesantemente il centro storico e nella quale sta sprofondando anche un’altra attività della Rupe: la libreria dei Sette, luogo culturale orvietano con alle spalle 95 anni di storia. Un negozio aperto da Adelio Michelangeli nel 1922, rilevato da Enzo Fusari nel 1958 e poi dai fratelli Campino nel 1994.
Ora, oltre alla crisi economica, al cambiamento culturale dei lettori e alla perdita di attrattività della Rupe a mettere il bastone tra le ruote alla sostenibilità economica della libreria dei Sette, su tutti, anche l’affitto annuo di 31mila euro che i gestori versano al Comune. Canone che i Campino hanno chiesto invano all’amministrazione di abbassare. E ora, a meno che non si trovi una soluzione alternativa, l’attività rischia di non arrivare al 2018, come del resto, molte altre del centro storico.
«Negli ultimi 20 anni questa città – ha spiegato uno dei titolari Riccardo Campino – ha visto perdere pezzo dopo pezzo molti degli asset economici su cui faceva perno, senza che si trovassero altre forme compensative per tenere in piedi questo delicatissimo microcosmo che è il centro storico». E allora, il primo passo è reagire. Questo sta cercando di fare la famiglia Campino partendo dal presupposto che la libreria, prima di essere la loro, è un bene della città. «I librai passano, siamo solo i guardiani del tempio – ha aggiunto Campino – ma quello che non deve scomparire è la libreria, perché ciò rischierebbe di provocare un’ulteriore perdita di fiducia da parte di cittadini e imprenditori, provocando un effetto a catena i cui esiti non desideriamo neppure immaginare».
Tra le ipotesi prospettate da Campino per salvare l’attività, quella di mettere a sistema il vecchio progetto di fare del palazzo un’agorà cittadina, un caffè letterario, un luogo di dibattito e d’incontro tra cittadini, associazioni e imprenditori. E in questo, ovviamente, il Comune dovrebbe fare la sua parte. Oppure, come è successo in altre realtà, la libreria potrebbe diventare una cooperativa di proprietà dei cittadini che, auto tassandosi, ne garantirebbero la sopravvivenza.
Il Comune ha dato la disponibilità a creare le condizioni migliori affinché non chiuda i battenti. “Su quel sito del Palazzo dei Sette – ha spiegato il sindaco Giuseppe Germani – già i miei predecessori hanno posto un vincolo perché alcuni spazi dell’edificio fossero dedicati alla libreria; ed io, nel rispetto delle regole, farò tutto ciò che è nelle mie possibilità, per far sì che questo possa continuare anche nei prossimi anni”. Ma la libreria è solo la cartina al tornasole di tutta l’economia del centro storico. “E’ evidente che pur se si dovesse risolvere la situazione della libreria – ha evidenziato Campino – resta tutta in piedi la questione del futuro del centro storico, economico certamente, ma ancor prima identitario.
Da alcuni anni ci confrontiamo su questi temi con altri imprenditori storici di Orvieto che portano un valore aggiunta a questa città, come Montanucci e Michelangeli e questo continuo confronto ci ha fatto decidere 2 mesi fa di proporre la nostra collaborazione a questa amministrazione e lo abbiamo fatto attraverso una lettera scritta a 6 mani”.
Il problema su cui gli operatori commerciali del centro storico sono tutti d’accordo è il progressivo calo d’interesse che riguarda la Rupe con le incognite legate all’imminente incremento della pedonalizzazione e la carenza di parcheggi.
“Forse – spiega Campino leggendo la lettera – tutti preferiremmo che tra quanti visitano la nostra città ci fossero un gran numero di viaggiatori che decidono di fermarsi nel nostro territorio per più giorni e poi magari ritornano perché innamorati di un luogo bellissimo, a misura d’uomo e soprattutto ancora vivo”. “Ci accorgiamo ogni giorno di più, anche ascoltando le persone che vivono e frequentano questa città, che Orvieto sta progressivamente, ma anche molto velocemente, perdendo le sue peculiarità che ne fanno un luogo dal fascino unico; è in corso un vero e proprio mutamento genetico che a nostro avviso va fermato prima che diventi irreversibile”.
Ieri la Libreria compiva 95 anni, un compleanno amaro ma che comunque la famiglia Campino ha voluto festeggiare radunando intorno a sé tutta la sua comunità che ha risposto copiosa riempiendo l’atrio di Palazzo dei Sette. Tanti anche i messaggi di solidarità e le firme lasciate da grandi e piccoli, cittadini e imprenditori nel libro delle dediche posto all’ingresso. Intanto un altro appuntamento è già fissato: il 5 novembre nell’atrio del Palazzo per continuare a parlarne, nella speranza di trovare una soluzione. (Sa.Simo)