ORVIETO – Con il forum “De Urbenova. Dalla Caserma Piave alla Nuova Orvieto”, svoltosi venerdi 21 scorso a Palazzo dei Sette, “Comunità in Movimento” ha rilanciato l’idea che l’ex Caserma Piave e con essa l’ex Ospedale e l’intero patrimonio pubblico di Orvieto non sono un problema di cui liberarsi, come invece la pensa per larga parte il mondo istituzionale e politico, ma una risorsa da mettere a frutto con un progetto di largo respiro. È la tesi con cui Franco Raimondo Barbabella per conto di CoM ha aperto l’incontro, tesi sviluppata poi con modalità diverse dagli altri due relatori e largamente condivisa dai numerosi partecipanti, alcuni dei quali sono intervenuti con contributi molto significativi.
Barbabella ha ripercorso con una serie di slides le tappe che dal 2002 ad oggi hanno caratterizzato la vicenda dell’ex Caserma. Un percorso complesso, ha detto, che va conosciuto perché indica lo scivolamento progressivo verso una logica perdente che spiega perché si è precipitati nella situazione di stallo che dura ormai da molti anni e da cui bisogna uscire.
Si va dal Business Plan di RPO che trasformava quell’immenso immobile e l’Area di Vigna Grande in un pezzo di città funzionale al suo sviluppo solido e di lungo periodo, il motore della Nuova Orvieto, ai tentativi di vendita tutti falliti, fino alla delega a soggetti esterni di decidere le sorti di un patrimonio che appartiene agli orvietani.
Ha proposto infine una serie di domande da cui si evince l’esigenza di cambiare radicalmente rotta perché senza una visione d’insieme e senza una strategia capace di guardare all’intera città e al suo territorio di riferimento tutte le soluzioni falliranno, come in effetti sono fallite tutte quelle tentate da quando si è voluto impedire ad RPO di andare avanti con il suo progetto. Come minimo sarebbe il caso di riflettere perché ad oggi il BP di RPO resta l’unica proposta concreta che è stata prodotta in un quindicennio, spiegando anche perché in tutto questo tempo è stata messa da parte e ignorata.
Non per esercizio di memoria, ma per andare oltre consapevoli dei propri compiti. Prima Roberto Basili e poi Sandro Lorenzotti hanno sviluppato da punti di vista diversi il ragionamento su come uscire dalla condizione di stallo in cui si trova oggi la gestione dell’ex Piave e dell’intero patrimonio pubblico in Orvieto.
Basili ha anche lui ripercorso la storia degli ultimi 15 anni parlando esplicitamente di un progressivo degrado dovuto all’abbandono di ogni visione strategica e per contro allo schiacciamento su tattiche di corto respiro, proponendo alla fine di recuperare la logica progettuale di quella stagione straordinaria che fu segnata dal Progetto Orvieto e di stimolare una reazione propositiva al vuoto di idee attuali mediante il coordinamento delle numerose associazioni cittadine interessate ad un cambiamento di prospettiva e di metodo.
Lorenzotti da parte sua ha arricchito l’analisi e le proposte con riferimento alla sua esperienza professionale a contatto con le grandi aziende statunitensi. A suo parere la conoscenza di Orvieto nel mondo è talmente diffusa che la sua valorizzazione è un obbligo per le sue classi dirigenti. Ma quale può essere il modo per farlo con efficacia in un mondo dinamico come quello attuale? Solo con una visione strategica, che richiede la presenza di una classe dirigente che ne sia dotata e che ne abbia interesse, ad esempio avendo la capacità di immaginare che cosa si vorrebbe che Orvieto fosse da qui a vent’anni, e in tal senso chiedersi non tanto che cosa può proporre la città al mondo quanto che cosa il mondo si può aspettare che noi facciamo per soddisfare esigenze e bisogni che sono già presenti e lo saranno a maggior ragione domani. Alla fine ha concluso con un invito pressante a passare alla fase della concretezza propositiva ed ha chiesto quale potrebbe essere il prossimo passo.
Dal pubblico sono venuti, come si diceva, diversi contributi. Lucia Vergaglia ha spiegato i motivi per cui ha proposto in Consiglio comunale, che ha approvato all’unanimità, di candidare Orvieto ad ospitare il “Tribunale europeo dei brevetti” oggi con sede a Londra e che però in seguito alla Brexit sarà trasferito in altro Paese.
Stanislao Fella ha sottolineato la difficoltà per le pubbliche amministrazioni di occuparsi oggi di gestione del patrimonio perché qualunque cosa si fa si può ritorcere contro chi la fa, per cui spesso si preferisce star buoni o delegare ad altri compiti che in verità sarebbero propri. Valeriano Venturi ha lodato l’iniziativa ed ha affermato che la soluzione più semplice è quella migliore, ossia l’uso di quegli spazi per ridensificare la popolazione del centro storico.
Gianni Mencarelli si è dichiarato d’accordo sia con il modo in cui CoM in generale affronta i problemi sia con quello specifico che è stato qui proposto per impostare correttamente la discussione e per risolvere concretamente i problemi di gestione dell’immenso patrimonio pubblico. Per questo ha anche auspicato che l’attuale amministrazione non assuma ulteriori iniziative perché il suo modo di agire rischia non di preparare ma di pregiudicare il futuro.
Stefano Moretti ha posto all’attenzione di tutti la consistenza e la funzione propulsiva del patrimonio comunale che ha nell’ex Caserma Piave l’elemento di maggiore rilievo ma che, anche per come è dislocato nella struttura urbana, deve essere considerato nella sua unità, fino a delineare l’idea di una Nuova Orvieto. Naturalmente, ha aggiunto, dobbiamo chiederci come possiamo non solo costruire un progetto unitario rispondente ad una strategia di sviluppo possibile, ma anche con quale strumento possiamo farlo concretamente. E la risposta potrebbe venirci dall’esperienza che è stata fatta a Perugia per l’ex ospedale di Monteluce.
Lì, con la costituzione di un apposito Fondo immobiliare, è stato possibile in dieci anni ristrutturare un vasto complesso urbano diventato così un altro pezzo di città. Così come bisognerebbe fare ad Orvieto. Infine Fabrizio Trequattrini, riprendendo il filo dei ragionamenti sulle cause dell’attuale situazione di difficoltà e di stallo al fine di un suo superamento, ha messo a fuoco le gravi responsabilità di chi ha impedito, peraltro senza pagarne le conseguenze, di andare avanti con il progetto di RPO, ad oggi unico progetto disponibile. Ha sottolineato poi la distanza tra le esigenze della città e la politica concretamente praticata, che mortifica le intelligenze e la voglia di fare, per cui è urgente recuperare all’attività pubblica le migliori energie che Orvieto esprime, senza schemi e pregiudizi.
Concludendo il convegno, Barbabella ha manifestato soddisfazione sia per la partecipazione che per i contributi che sono venuti dai relatori e dagli interventi del pubblico ed ha formulato un auspicio e una proposta. L’auspicio è quello stesso di Roberto Basili, cioè l’invito alle associazioni cittadine a coordinarsi per uno sforzo comune finalizzato a formulare una strategia comune condivisa.
La proposta, che è anche la risposta alla domanda di Lorenzotti “e ora quale altro passo?”, è di organizzare incontri operativi con metodo seminariale per giungere nel tempo strettamente necessario a formulare una strategia complessiva per un approccio pubblico corretto ed efficace. A tal fine, ha sottolineato, andrà considerato che nessuna strategia efficace sarà possibile se si ignora ciò che già si possiede e se si delega ad altri ciò che dobbiamo fare noi stessi. L’ex Piave e il patrimonio pubblico, ha concluso, non sono un problema di cui liberarsi ma una risorsa su cui impegnarsi. Niente spezzettamento, niente svendita, ma messa a frutto produttiva per il bene di tutti. A presto i prossimi appuntamenti di CoM.