di Dante Freddi
Nel 2009, quando arrivò l’assessore Maurizio Romiti, “troppa grazia” per noi commentò serio un amico, rilevò severo che avevamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità per anni, eravamo pieni di debiti ed era compito del buon padre di famiglia trovare un equilibrio tra entrate e uscite, oltre ovviamente onorare i debiti in bilancio e fuori bilancio. In cinque anni è stato venduto tutto quanto c’era, esclusa la palazzina comando della Piave perché dopo reiterati tentativi in cui nessuno l’ha voluta, una nuova legge impediva che l’eventuale vendita potesse salvare il bilancio. Sono scampati i parcheggi, anche in questo caso perché fortunatamente la cordata di “figli di imprenditori” interessata all’affare non si fidò della politica e si tirò indietro, altrimenti non avremmo più neppure quelli. Ci siamo venduti anche la farmacia. Giustamente Romiti e il suo alter ego, Pizzo, tentarono la via più facile da perseguire in quelle condizioni: vendettero tutto, salvarono i servizi salvabili e infine, poiché i conti non chiudevano arrivarono al “concordato fallimentare”, impegnandosi a pagare i 10 milioni di buco un milione all’anno per dieci anni , previo però non effettuare investimenti, assumere personale, tassazione al massimo. Per cinque anni non si è parlato di un progetto per la città, perché senza quattrini evidentemente neppure si poteva pensare.
Certamente nel 2009 i nuovi amministratori di destra trovarono una situazione disastrosa e amministrare debiti non piace a nessuno, tanto che c’è stato un turbinio di assessori.
Quando Romiti si insediò promise lacrime e sangue, e ce lo meritavamo, ma non fece alcun accenno a qualche azione per tentare di aumentare le entrate. Il buon padre di una famiglia disastrata taglia tutto il possibile, ma prima di far smettere di studiare i figli tenta di trovare un secondo lavoro, un terzo. Pensa se ci sia anche un’altra via, complementare, che faccia sperare.
Appena ascoltato il programma di Romiti scrissi un articolo in cui mi auguravo che non riducesse Orvieto a un paesotto di 20mila abitanti. Previsione tragicamente realizzata. All’annientamento di ogni speranza ci pensò nell’ultima fase il fido Pizzo, che ora polemizza con Gnagnarini e spiega come si deve gestire il bilancio e le virtù della sua azione.
Gnagnarini gli risponde che “ La novità, o diversa impostazione di politica di bilancio, che si può evidenziare sta nel fatto che le plusvalenze precedenti derivavano da tagli alla spesa e da riduzioni di servizi ai cittadini nonché da vendite del patrimonio messe in atto dall’amministrazione di centrodestra, mentre le plusvalenze attuali ricavate dall’amministrazione di centrosinistra derivano esclusivamente da nuove entrate gestionali (incremento tariffe parcheggi per i non residenti, incremento proventi da beni culturali, ecc..) e dal recupero evasione (in particolare il recupero ICI e IMU per 850.000 euro in capo alla multinazionale E.On) senza operare alcun taglio o riduzione di servizi o alienazioni dei beni di tutti”.
Affermazione che non è contestabile, condivisa o meno la strategia dell’assessore Gnagnarini.
Ma al di là del bilancio e dei numeri, chiedo ai lettori di porsi una domanda: ma Orvieto oggi, dopo due anni di amministrazione Germani, vive, seppure ancora tra tante difficoltà, nella stessa atmosfera oscurantista che è stata presente per anni? A me sembra che aleggi la speranza e prendo le famigerate pedane come metafora: ogni pedana che cresce è un chiaro atto di fiducia nel futuro di operatori turistici che investono perché constatano che il cambiamento può portare preoccupazione ma anche opportunità.
E da qui si può ripartire.