di Franco Raimondo Barbabella
Se di questi tempi vai in giro per la città e ti metti a parlare con le persone normali dei problemi della vita quotidiana, o sbrighi le diverse pratiche che occupano le persone comuni e le portano nei luoghi dell’organizzazione sociale collettiva, non sentirai nessuno soddisfatto di come vanno le cose, sia in generale che con riferimento alla nostra città.
Eppure, stando all’ufficialità delle dichiarazioni istituzionali e politiche e scorrendo la stampa locale online, la realtà sembra parlare un linguaggio diverso. Perciò il dubbio viene ed è piuttosto forte: è il solito lamento abitudinario del cittadino comune che si interessa delle cose pubbliche sporadicamente, o poco e niente, o è la stampa che, ridotta a pura cassa di risonanza dei dichiaranti, ci fa scambiare la realtà con l’immaginazione, oppure è ciò di cui si occupa il mondo dell’ufficialità che è lontano dalla realtà e ne fornisce dunque una rappresentazione ormai del tutto astratta e inevitabilmente irrealistica?
Ma, appunto, di che cosa si parla in questo tormentato periodo? Praticamente di tutto un po’, dipende dal venticello che tira pur nella calura. Ma soprattutto di due questioni: il bilancio e la monnezza.
Prendiamo il bilancio. Io pensavo che dopo la triste vicenda della bocciatura della Corte dei Conti della proposta di uscita anticipata dal predissesto ci si desse una calmata e si incominciasse a ragionare di cose serie. Nient’affatto. Stimolato dagli interventi scontati, anzi, direi doverosi, di Concina e di Pizzo, Gnagnarini con fare ammiccante non solo continua a gloriarsi di una gestione puramente contabile del più importante atto politico di un’amministrazione comunale, ma addirittura si mette a discettare su chi ha accumulato meglio le plusvalenze e su quale sia il criterio da scegliere per la corona d’alloro, se i tagli alla spesa e la diminuzione dei servizi o l’incremento delle tariffe per gli “stranieri” e il recupero di somme dovute. Ma di strategie di sviluppo nemmeno l’ombra. Di questioni che assillano i cittadini meglio non parlare.
Prendiamo ora la monnezza. La sindaca romana pentastellata Virginia Raggi esce con una dichiarazione che dire improvvida è dire nulla: impreparata su una pur minimale idea strategica, condizionata dalla sua stessa impostazione ideologica del rifiuto degli impianti di smaltimento adottati nelle maggiori capitali d’Europa, non trova di meglio che indicare la soluzione nelle discariche delle vicine città del Lazio e dell’Umbria, compresa ovviamente Orvieto. La classe politica e istituzionale dell’Umbria e di Orvieto non aspettava altro: quale migliore occasione di questa di dichiararsi paladini dell’ambiente e dell’interesse locale senza pagare prezzo? E allora giù dichiarazioni, tutte giuste per carità, ma tutte così ovvie, così scontate, così poco faticate! Il no era scontato, sul punto bastava dire solo quella parolina, e però era questa un’ottima occasione per dire cose sensate e impegnative sulla politica dei rifiuti, che al contrario non può essere solo un no. Anche qui invece buio pesto, sulle strategie, sulle scelte reali, sulle cose da fare subito. Certo, nell’ambito del nostro territorio, ma secondo un’ottica di proposta prudente e coraggiosa nello stesso tempo, lontana dal vezzo interessato del negazionismo dello sviluppo. Senza di che, parole al vento.
Ma di fatto c’è di più. Anche in questa occasione non si è avuto il timore di uscire con dichiarazioni che colpiscono particolarmente per essere davvero spiazzanti. Due in particolare. Una quella di Italia Nostra: “portare a votazione una variazione al Piano regolatore per quell’area e chiudere una volta per tutte la discarica”. L’altra quella del PCI provinciale: “già siamo noi in crisi ambientale, mercurio nei fiumi, metilmercurio, radioattività, discarica, arsenico nelle acque, interdittive antimafia in altre discariche dell’Umbria. Siamo nella terra dei fuochi anche noi e le istituzioni tacciono…”. Che dire? Bohooo!
Se il dibattito è questo, come si fa a pensare che il lamento dei cittadini non sia fondato su elementi concreti di realtà? Perché non è che i cittadini, anche quelli che non seguono la stampa online e non leggono i giornali cartacei e non ascoltano nemmeno RTUA, non sanno quello che dicono. Sanno benissimo quali sono i problemi che li angustiano, sanno della sanità, della scuola, della pubblica amministrazione. Sanno del lavoro, dei soldi e della spesa. E si rendono anche conto che non si vede una politica dello sviluppo turistico e dello sviluppo culturale. Né ci si occupa dell’uso produttivo del patrimonio pubblico. Si chiedono anche, magari senza dirlo, perché le forze politiche non si occupano di banca, e perché mai in Consiglio comunale si discute di tutto ma si evita rigorosamente di discutere delle vicenda dei titoli BPB e del ruolo della banca locale e in generale della finanza per lo sviluppo del territorio.
Ecco, forse i cittadini sono meno distratti di quanto qualcuno possa pensare. Chissà che chi ancora pensa che la politica sia solo manovra, una cosa appannaggio di scaltri operatori, non abbia in tempi magari imprevisti qualche sorpresa!