ORVIETO – Dopo la bocciatura della Corte dei Conti della proposta di rimodulazione del predissesto, ecco che arriva un’altra bacchettata. Stavolta è il collegio di magistrati del Consiglio di Stato, nello specifico la sezione Quarta, che, con l’ordinanza 3298/2016 del 20 luglio scorso, ha tirato una bella riga rossa sulla perizia fatta dall’ingegnere dell’ufficio Energia della Regione Umbria che avrebbe dovuto potenzialmente impedire l’apertura del terzo calanco de Le Crete.
Ma andiamo per gradi. Siamo a gennaio 2015. La prima sezione del Tribunale amministrativo regionale per l’Umbria accoglie il ricorso presentato da S.A.O. Servizi Ambientali Orvieto S.p.A contro la perimetrazione delle aree boscate introdotta con la delibera di consiglio comunale 113 del 7 novembre 2011 che di fatto escludeva la possibilità di ampliamento della discarica vincolando a bosco il terzo calanco. La sentenza – la numero 201500025, depositata il 16 gennaio 2015 – annulla la delibera perché gravata da diversi vizi, ma soprattutto perché afferma che nella zona non ci sarebbe alcun bosco propriamente inteso.
Formalmente, dunque, Sao – Acea avrebbe avuto le carte in regola per tornare a chiedere l’apertura del terzo calanco. Ma il sindaco Giuseppe Germani, che del “no” al terzo calanco ha fatto un cavallo di battaglia in campagna elettorale, presenta ricorso contro S.A.O. Servizi Ambientali Orvieto s.p.a., per la riforma della sentenza del T.A.R. Umbria n. 00025/2015 concernente la variante al piano regolatore generale. Siamo a novembre 2016. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) pronuncia l’ordinanza (depositata il 3 novembre) sul ricorso disponendo una nuova verifica tendente ad accertare l’eventuale insistenza di un bosco, secondo la definizione contenuta nella L.R. 28/2001 sull’area di proprietà della S.A.O. s.p.a.
Verifica che, secondo l’ordinanza 5018 del 3 novembre 2015, doveva essere eseguita “da parte di un ingegnere del servizio Urbanistica della Regione Umbria , individuato dal dirigente del servizio”. Ma così non è stato. Lo dice chiaramente il Consiglio di Stato nella sentenza precisando che “contrariamento a quanto disposto la verificazione è stata effettuata da un ingegnere del servizio Energia della Regione , non essendo presente la figura dell’ingegnere in seno al servizio urbanistica e che, inoltre, l’attività del verificatore è stata supportata da altri soggetti non contemplati dalla predetta ordinanza”. Male. Si ricomincia tutto daccapo.
Sarà l’Università degli Studi della Tuscia – Facoltà di Scienza Forestali e Ambientali ad effettuare, entro 60 giorni, la verifica “nel cui ambito e tra i professori ordinari o associati ad essa afferenti, il rettore dell’Università individuerà la specifica figura del verificatore”. L’udienza è stata aggiornata al 13 ottobre prossimo.
A questo punto, a tirare il sindaco per la giacchetta è il Pci provinciale che invita Germani a prendere una posizione valutando anche la possibilità di cambiare la destinazione d’uso ad area agricola del terreno dove si vorrebbe aprire il terzo calanco.
“A parole sembra essere contro qualsiasi ampliamento della discarica – afferma il Pci riferendosi a Germani – ma ora servono fatti. Fatti che non si sono visti per nulla e che lasciano libero arbitrio al pensiero degli Orvietani sul comportamento e della Regione e del Comune su questa vicenda oggi divenuta, per negligenze, una spada di Damocle pendente sulla città di Orvieto, spada ora nelle mani dell’università della Tuscia di Viterbo, Facoltà di scienze Forestali e Ambientali, nuovo delegato a redigere nuova perizia dal consiglio di stato. Ci aspettiamo che il Rettore del dipartimento Ambiente di detta università, nomini periti neutrali e scevri da qualsiasi legame o collegamenti con tutti gli attori interessati da questa vicenda”. (Sa.Simo)