L’Associazione PRAESIDIUM, che raccoglie i risparmiatori CRO-BpB in contenzioso con la banca, dalla quale si sentono danneggiati, rispondono ad alcune valutazioni del presidente della Fondazione Vincenzo Fumi e pubblicate mercoledì scorso. L’intervento di Fumi risponde alle domande che PRESIDIUM gli ha posto nella speranza che l’Istituto, proprietario della minoranza della CRO, si ponga dalla parte dei risparmiatori nella conduzione della dolorosa vicenda per molte famiglie del territorio.
Segue la nota di PRESIDIUM.
Prendiamo atto delle risposte che il presidente Fumi ha fornito con il comunicato stampa del 06.07.2016 alle domande che da tempo gli poniamo. Lo abbiamo detto e scritto più volte: auspichiamo una robusta presenza della Fondazione nella C.R.O. e concordiamo pienamente con lui che questo ruolo possa contribuire allo sviluppo economico del territorio, pur consapevoli delle difficoltà che l’attuale situazione determina nell’ attuazione di tale strategia.
Affermiamo che non è riconducibile a noi l‘affermazione che C.R.O. sia paragonabile a Banca Etruria, anzi pensiamo che sia un boccone appetitoso che si voglia acquisire non pagandolo per quello che vale. Non comprendiamo infatti come il valore della partecipazione possa essere dimezzato da parte di B.p.B. quando la raccolta aumenta, gli impieghi sono stabili, i costi diminuiscono e vi è soltanto un leggero calo del margine di intermediazione, dovuto peraltro alla politica della B.C E.
Se abbiamo delle perplessità queste sono indirizzate al bilancio della B.p.B, perché non riusciamo a comprendere come possa smaltire i crediti deteriorati senza abbattere il capitale e procedere ad una nuova ricapitalizzazione.
Se il vero valore della partecipazione è l’attuale, come mai non lo si è rettificato nell’esercizio 2014? Forse perché avrebbe mandato in negativo il bilancio e non avrebbero potuto lanciare un aumento di capitale dicendo “tutto va bene madama la marchesa?”
Dove non siamo d’accordo con Lei, presidente, è sul fatto che la Fondazione e le persone da voi indicate nella Banca non potessero fare di più per evitare il disagio di tanti risparmiatori.
A meno che non ci si dica che quanto ci è stato risposto dal Sole 24 ore non sia vero, il prezzo imposto all’azione della B.p.B. era fortissimamente sopravvalutato e questo non poteva non essere a conoscenza delle persone da voi indicate nel C.D.A. a meno che non fossero particolarmente distratte.
È per questo che abbiamo chiesto le motivazioni della vendita da parte della Fondazione delle sue azioni BpB, titolo normalmente destinato ad essere un investimento di medio periodo, che ci sembra difficile poter ricondurre a semplice rotazione di titoli in portafoglio.
Come si poteva pensare che i risparmiatori e la città avrebbero sopportato in silenzio la destinazione a Bari dei loro risparmi?
Era chiaro, a meno di non considerare deficienti i concittadini, che il tutto si sarebbe risolto, come minimo, a parte le azioni legali, in una perdita di reputazione e quindi di valore della banca intermediaria.
Dove sono gli atti dei consiglieri presenti nel C.D.A che fanno presente questi problemi, esercitando le prerogative del socio di minoranza anche da Lei richiamate? Soltanto per “sentito dire” all’interno della banca sarebbero dovute nascere delle domande, considerato il disagio dei dipendenti, sfociato anche in un comunicato delle rappresentanze sindacali CIS e CGIL.
Un’ultima considerazione. Avevamo delegato alla banca cittadina ed alla Fondazione la salvaguardia dei nostri risparmi e siamo stati costretti ad affidarci ai legali e a perdere la poca serenità che i tempi consentono. Di questo riteniamo responsabili gli amministratori degli istituti.